Cosa sono gli archetipi e come si usano in psicoterapia

Si chiama psicologia archetipica perché è una psicologia degli archetipi, che sono le forme primarie o modelli che governano la nostra psiche. Questi modelli sono comuni a tutta l’umanità, e si manifestano anche nella dimensione fisica, sociale, linguistica, estetica e spirituale, sottoforma di simboli e immagini mentali. Queste “immagini archetipiche” rappresentano i modelli orgininari con cui si è costruita la psiche dell’uomo, e sono dappertutto: quando osserviamo un cerchio, un quadrato, un triangolo ecc. noi stiamo osservando degli archetipi, ma anche quando vediamo un albero, una mela, una casa, un fiume, il mare, il sole, la luna e i pianeti, tutte le immagini simboliche della nostra natura e del mondo in cui viviamo possono essere ricondotte ad archetipi, perciò anche il padre, la madre, il fratello e la sorella, il partner e ogni specifica figura umana, così come gli animali. Sono tutte immagini archetipiche che compaiono nel nostro immaginare così come nei nostri sogni notturni, poiché racchiudono in sé una serie di significati che appartengono a ciascun essere umano e che, collegandosi al vissuto personale e affettivo, contribuiscono a dare senso al nostro modo di essere e di pensare.

L’analisi dei sogni è perciò un metodo privilegiato per conoscere le immagini archetipiche, oltre ai ricordi e alle riflessioni. Il sogno parla sempre del sognatore e della sua psiche: così come le immagini, i personaggi del sogno sono come le maschere degli attori di una rappresentazione teatrale, che fungono da contenitore immaginale ai vari contenuti della psiche del sognatore, che vengono così messi in atto. James Hillman va oltre tutte le metodologie di interpretazione del sogno e propone che tutte le immagini oniriche siano archetipiche, e che quindi vadano comprese come tali. Propone il metodo dell’amplificazione, che va applicato ad ogni immagine sempre sotto la guida di un terapeuta. Lo psicologo archetipico, partendo da un’analisi junghiana, amplifica le immagini e i personaggi centrali del sogno, cioè le riconduce al loro significato etimologico e le arricchisce con le immagini dei miti, delle fiabe, delle tradizioni, dei simboli, ovvero all’essenza culturale collettiva dove esse si sono formate e alla quale esse fanno continuo riferimento. Si parte quindi dal presupposto che il sogno sia un linguaggio della psiche, e che si produca da sé con una vita propria al di fuori della coscienza. Il metodo dell’amplificazione ci conduce alla conoscenza dell’essenza delle immagini oniriche che Hillman definisce “enunciati ontologici intorno all’anima, su come essa esista in se stessa e per se stessa”. Se quindi Jung aveva capito che nella psiche ci sono tanti personaggi con cui si deve dialogare, Hillman ci ha insegnato come farlo con tutte le immagini della psiche.

Le immagini archetipiche vengono continuamente prodotte e utilizzate dalla psiche di ogni individuo per guidare il nostro comportamento. Tuttavia la non consapevolezza del significato racchiuso nelle immagini che ci dominano, e che condizionano fortemente il nostro modo di vedere e di agire, puo’ portarci lontano dalla realizzazione dei bisogni della nostra anima, nonché alla sua sofferenza. Attraverso le immagini che produce sia di giorno che di notte, l’anima si rappresenta e mostra il suo specifico destino, che è una sorta di nostro codice genetico psicologico a cui tendiamo continuamente. Nella pratica clinica, ciò che noi psicologi archetipici facciamo è ricondurre le immagini contenute nei sogni, nei pensieri e nelle parole del paziente al loro significato archetipico originario. Ciò ad esempio accade quando il paziente parla e racconta se stesso, i suoi accadimenti o i sogni che ha fatto: restituendo al paziente le immagini contenute nel suo racconto, lo re-introduciamo al significato simbolico che esse presentano.

Qui succede spesso che il paziente inizia già da subito a ricollegarvi gli eventi della sua vita e i suoi vissuti in un nesso di sincronicità, cioè traendone spiegazioni utili per capire egli stesso il rapporto di significato tra gli eventi a sé esterni (i fatti che gli accandono intorno, il comportamento degli altri, ecc.) e i vissuti affettivi interni (i propri ricordi, le proprie reazioni, il proprio comportamento, ecc.) che lo dominano e lo fanno soffrire. In questo modo, il paziente viene pian piano rieducato a conoscere il significato delle proprie immagini: ciò lo porterà a ritirare le proprie proiezioni dal mondo esterno riconducendole a  sé stesso, e a reimmaginare la propria esistenza in modo significativo e proattivo al cambiamento che la propria anima “gli chiede” di adottare, attraverso i sintomi e i messaggi che gli impone, per individuarsi nella vita e integrarsi nella società.

In questa prospettiva, la psicologia archetipica parla il linguaggio dell’anima, ovvero il linguaggio di tutte le immagini archetipiche che costituiscono l’essenza vitale di una persona. La psiche è unita al corpo e alle funzioni della mente, e insieme costituiscono un’entità unica. Tutto ciò che accade nel corpo è immagine simbolica della psiche, e in questo modo anche ogni sintomo corporeo, da un prurito o un mal di testa fino a un attacco di panico o una fobia, puo’ essere letto come un simbolo o una immagine della psiche, la cui amplificazione conduce alla comprensione e al trattamento del disagio psicosomatico sotteso.

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